La giustizia minorile cambia rafforzando il principio di legalità di Elia Fiorillo

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“Se gli effetti di questa iniziativa avranno fatto fare un solo passo in avanti nel contrasto della devianza minorile o a salvare un solo giovane saremo soddisfatti. Siamo convinti che si può e si deve fare di più”. E’ il vice presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, Giovanni Legnini, che così si è espresso in merito alla risoluzione, in materia di giustizia minorile, predisposta dai consiglieri Balducci, Ardituro e Cananzi – membri della VI Commissione – ed approvata all’unanimità, per alzata di mano, nel corso del Plenum straordinario del CSM tenuto l’11 settembre 2018 nel Palazzo di Giustizia di Napoli. Significativo è che questo sia stato sancito nella città dove la criminalità minorile ha conseguito picchi di vera ed allarmante pericolosità sociale, e proprio nei medesimi giorni in cui studiosi dell’Università di Napoli “Federico II” – che in convenzione con l’Osservatorio sulla legalità (OSLE) dell’Istituto “S. Pio V” promuove ricerche e studi sulla legalità – ha concluso una ricerca di imminente pubblicazione sulla devianza e giustizia minorile e sulla “messa in prova”. Per Giovanni Legnini “La decisione di tenere un plenum a Napoli costituisce un segnale molto forte per la città, la regione e l’intero Paese”. L’analisi fatta dalla VI Commissione focalizza le responsabilità genitoriali esercitate “in maniera pregiudizievole” verso i minori ma anche la mancanza di comunicazione ad esempio tra scuola e Tribunali dei Minori. Fatto grave che non permette il puntuale intervento del magistrato minorile in tempi opportuni e lascia incancrenire situazioni che potrebbero risolversi in modo più rapido e soprattutto più utile per il minore. Per la relatrice della Commissione, Balducci, l’abbassamento dell’età imputabile non porta conseguenze significative alla risoluzione dei problemi. A suo avviso “servono regole forti”, ma bisogna “anche dare la possibilità di redimersi”, obiettivo prioritario ed irrinunciabile. Senza iniziative finalizzate a tale scopo i fenomeni criminali sono destinati ad aumentare nel nostro Paese. La concretezza delle azioni, al di là dei tanti bei propositi, è l’unico mezzo per affrontare e, in parte, risolvere le tante problematiche legate alla criminalità minorile. Per il Consigliere Cananzi c’è bisogno che il Governo sia molto attento a certi fenomeni di malavitosità minorile: “Napoli ha bisogno dell’ attenzione di Salvini perché la questione Napoli si riflette sul Paese”. In effetti Napoli, da questo punto di vista, è un osservatorio particolarmente significativo, che deve diventare, soprattutto, un laboratorio sperimentale per la legalità, per circoscrivere sul nascere quei fenomeni che poi – sottovalutati, o trascurati per mancanza di coordinamento delle varie istituzioni interessate alla problematica – portano alla creazione di aree di pericolosa microcriminalità ed all’irrobustimento, in seguito, delle varie organizzazioni criminali. Sulla patria potestà è intervenuto il procuratore generale della Corte di Appello di Napoli Luigi Riello: “Non si tratta di una deportazione di massa, ma di casi estremi, adottati in presenza di bambini messi a confezionare droga, a inalare stupefacenti. Così lo Stato interviene a salvarli non a punirli”. Sì, è necessario ed opportuno metterla in discussione la patria potestà quando, per esempio, “si trovano bimbi di 7, 8 e 9 anni non a fare compiti ma a confezionare droga”. In effetti solo fatti gravissimi a carico dei genitori dei minori devono indurre i giudici a togliere a questi la patria potestà, perché le figure genitoriali, anche in ambienti degradati, possono aiutare i ragazzini a cambiare, con opportuni aiuti di sostegno esterno. Parere favorevole sulla possibilità di introdurre modifiche normative per sanzionare con maggiore rigore anche i minori da parte del presidente di Corte di Appello Giuseppe De Carolis, che ricorda anche l’importanza della prevenzione, anzi, del lavoro di prevenzione condotto dalle istituzioni scolastiche sul territorio. Sicuramente il campanello d’allarme della devianza minorile è la dispersione scolastica, che deve essere combattuta con un maggiore impegno delle istituzioni nel predisporre quante più iniziative possibili didattiche e sportive. Ma anche con più assistenti sociali. Certo, con sanzioni forti, tese primariamente non solo a reprimere, ma anche a favorire il reintegro nella società. La repressione, spesso tanto invocata, è indubitabilmente un’azione da perseguire, ma l’obiettivo ultimo non può non essere – va ripetuto sempre – il “nuovo inizio” del reo nella società. La realtà napoletana, dal punto di vista della microcriminalità, può essere ritenuto un osservatorio privilegiato, ma il fenomeno malavitoso riguarda l’intero Paese e la “Risoluzione in materia di attività degli uffici giudiziari nel settore della criminalità minorile nel Distretto di Napoli” approvata dal Csm, dovrà essere un punto di riferimento, appunto, per l’intero Paese. C’è grande insistenza sulla necessità di superare le condizioni d’impunità che consentono ai minori di sfuggire al carcere, anche dopo essersi macchiati di fatti gravissimi. Per il consigliere Ardituro: “Bisogna ridimensionare l’approccio buonista e garantire l’effettività della pena. Un giovane di 16 o 17 anni ha le idee chiare. Dobbiamo dire a questi ragazzi che hanno sempre la possibilità di scegliere. Chi è in condizioni disperate e sceglie il bene va tutelato, chi sceglie il male va sanzionato». Il Csm, partendo dalla realtà analizzata nel territorio napoletano, chiede al Parlamento meno vincoli e meno discrezionalità negli arresti dei minori, a differenza di quanto accade oggi, A tal proposito si racconta che mesi fa, il figlio di un boss di San Giovanni venne rilasciato su decisione di un magistrato dei minori, nonostante fosse armato e avesse opposto resistenza al termine di un lungo inseguimento. Per il procuratore generale Luigi Riello: “Fermezza e recupero non sono termini configgenti ma si devono coniugare tra loro. Deve essere consentito l’arresto di un minorenne armato che consuma reati gravi.” E’ palese, dunque, che il lavoro pluriennale del CSM che ha condotto a questo pronunciamento costituisca una svolta decisiva nella affermazione del principio di legalità anche nei confronti dei formalismi ed imbarazzi che impedivano di considerare nella loro verità comportamenti criminosi segnati da crescente ferocia e che andavano diffondendosi presso fasce di età sempre più basse. Erano anni, infatti, che si aspettava un’iniziativa del genere. Va dato atto a questo C.S.M. di aver affrontato la questione analizzando le realtà territoriali nella loro effettività, ed ipotizzando possibili rimedi. “Il calo delle iscrizioni di procedimenti a carico di minorenni nell’area metropolitana di Napoli è da attribuire “alla mancata denuncia delle vittime, anche in vicende gravissime, nonché a una diminuzione delle segnalazioni da parte delle forze dell’ordine”. È quanto riferito dal procuratore presso il Tribunale dei Minorenni di Napoli, Maria de Luzenberger, nell’audizione dinanzi alla Sesta Commissione del Csm, passaggio riportato nella risoluzione sul fenomeno delle baby gang che è presentata al plenum del Csm. Il documento elaborato dal C.S.M. è stato inviato, per gli interventi di rispettiva competenza, ai presidenti del Senato e della Camera; al presidente della Commissione Parlamentare Antimafia; ai ministri della Giustizia e dell’Istruzione; alla Regione Campania (cui si chiede l’istituzione di un ufficio di coordinamento dei servizi socio-assistenziali dei minori); al Coni, al Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, ai Dirigenti degli Uffici giudiziari, al Procuratore Nazionale Antimafia.